Il limite

Sveglia alle cinque e trenta, tutto è pronto ed alle sei sono già per strada, mentalmente faccio un elenco di quello che ho preso per verificare che tutto sia a posto, lo faccio sempre quando parto per questo genere di cose, anche la più piccola dimenticanza può creare dei grossi problemi.
E’ tutto ok, l’unico dubbio è il thermos, spero che uno sia sufficiente, ne  prendo solo uno perchè le altre volte il secondo l’ho sempre riportato a casa pieno.
Un po’ assonnato ed assorto nei miei pensieri, senza quasi rendermene conto, giungo a destinazione.
Ovviamente vista l’ora ci siamo solo io ed un’altra persona che mi guarda strano, ma cosa credeva, d’avere l’escusiva per le levatacce?
Resto in macchina ancora qualche minuto, a godermi quegli ultimi istanti di tepore, ed intanto preparo i guanti, le calze di lana, sistemo le ultime cose nello zaino, e finalmente mi decido ad aprire, be’ penso, in fondo me l’aspettavo, meno tre gradi, neppure tanto freddo, ed infilo gli scarponi, l’unica cosa veramente antipatica di tutta la faccenda.
Con la calma di chi non ha nulla da fare, alla fine sono pronto, un ultimo controllo all’auto, uno sguardo intorno per controllare il tempo e verificare di non aver dimenticato nulla in giro, una breve camminata giù per il breve dirupo che mi separa dal sentiero, e via, l’avventura comincia.
E’ difficile descrivere lo stato d’animo, ogni volta che parto per vie che non conosco, provo un misto di concentrazione entusiasmo dubbi e timori, amplificati dal silenzio della neve interrotto solo dai miei passi, mentre la penombra della notte non ha ancora lasciato spazio alla luce del sole. E’ un’atmosfera quasi mistica che in alcuni momenti sembra volerci ricordare la grandezza della natura rispetto a noi, minuscoli puntini in movimento attraverso un paesaggio infinito.
Da questo momento non c’è più contatto con nessuno, siamo soli, io e la natura, bianca e pura, fredda ma splendida, grandiosa.
Il sentiero si snoda tra pianure e boschi innevati, il freddo non si avverte più e l’aria fresca lascia addosso una bellissima sensazione di benessere, lo sguardo corre all’orizzonte ammirando le cime alte e maestose che squarciano il cielo di un grigio azzurro, che ogni minuto diventa sempre più chiaro, mentre le prime sfumature di rosso iniziano a tingere le vette più alte. Tra poco sorgerà il sole, penso, e pregusto l’emozione di uno spettacolo che solo chi ha già vissuto un’esperienza simile può immaginare.
Senza soste, la marcia continua, gli sci scorrono sicuri nella neve e le pelli di foca, sintetiche s’intende, sibilano sulla neve impedendo al passo di retrocedere cedendo alla salita.
Non ho mai percorso questa via in inverno, ed ho un vago ricordo di dove passa la traccia del percorso estivo, la meta però, quella sì, la conosco bene, e mi oriento senza problemi in questi luoghi.
Il percorso sale ripido tra gli alberi e di tanto in tanto, dove la strada si apre un po’ di più, alcuni tratti della vallata alle spalle offrono alla vista splendidi scorci panoramici, tratti simili a fotografie di un luogo silenzioso ed incantato.
I primi raggi di sole iniziano a fare capolino tra le fronde, segno che ormai sono già alcune ore che stò salendo e che è meglio non indugiare troppo nel fare fotografie perchè i tiepidi raggi rendono il manto nevoso meno consistente ed in alcuni ripidi tratti che sicuramente dovrò affrontare questa situazione è abbastanza pericolosa.
Così pensando proseguo e ad un tratto gli abeti, che fino a quel momento mi avevano accompagnato con la loro silenziosa presenza, scompaiono per lasciare spazio ad un’ampia radura, in cima alla quale spicca una malga che a giudicare dai massi granitici puliti e dalle travi del tetto di colore chiaro, dovrebbe essere stata rifatta da poco. In questo punto la pendenza si fa meno forte ed il sentiero vi si inerpica con alcune curve sinuose, ma decido di proseguire fuori dal tracciato ed affrontare il pendio in linea retta verso il punto in cui la traccia scompare dietro la cresta. Qui giunto volgo lo sguardo al percorso appena seguito ed un accenno di sorriso mi si dipinge in volto al pensiero che anche questo parte di viaggio è stata fatta, come sempre, un po’ alla volta.
Dietro la cresta, raggiunta non senza fatica, cerco di scorgere la meta ma una spiacevole sorpresa si presenta, il percorso non è come me lo aspettavo ma diventa improvvisamente ripido e pericoloso. La parete da attraversare ora è ripida e senza appigli, e come se non bastasse presenta segni di precedenti valanghe, cadute a valle spezzando quei pochi arbusti trovati sul suo percorso. Non è la prima volta che vedo i resti di eventi simili, ma il trovarvisi nel mezzo fa emergere ogni volta una certa ansia e preoccupazione.
Mi fermo alcuni istanti ad osservare alcune palline di neve rotolare a valle dopo che le lame dei miei sci le hanno fatte staccare dalla parete, ascolto il loro rumore sinistro pensando a cosa potrei fare se tutta la massa nevosa che sostiene il mio peso si staccasse improvvisamente ma non trovo nessun appiglio a darmi sicurezza.
Per qualche tempo il mio procedere, da sicuro e forte che era, si trasforma in un avanzare attento e leggero, cercando di non intaccare, se non il minimo indispensabile, il precario pendio innevato.
Fortunatamente dopo poco riesco a raggiungere un gruppetto di abeti che, anche se piccoli, riescono a dare una lieve sicurezza temporanea e permettono di tirare un profondo respiro prima di procedere.
Il pendio ormai non permette più il procedere in linea retta ed il procedere diventa zigzagare verso la cima, fermandosi di tanto in tanto a prendere fiato. In certi momenti è la volontà di andare avanti ed il desiderio di raggiungere la meta che danno la forza di proseguire, così il cammino anche se a fatica, procede verso la vetta con la speranza, una volta raggiunta, di avvistare la meta.
Indescrivibile è la delusione quando, raggiunta la tanto sospirata vetta, scorgo la meta, quasi alla mia stessa altitudine, ma separata da una vallata che sembra ancora più profonda dopo lo sforzo fatto per raggiungere quella cima. Mi guardo indietro ed il primo pensiero è quello di ritornare sui miei passi, di non provare ad andare oltre. Penso poi al punto pericoloso appena attraversato ed a quanto fosse stata precaria la sicurezza in quel punto, guardo il fondo valle, guardo la stretta gola che dovrei affrontare e con un po’ di timore mi sposto al limite di essa, un ultimo sguardo indietro, quasi a voler cercare qualche soluzione alternativa, un colpetto con le racchette e giù, ormai tornare indietro è impossibile.
Durante le numerose pause nella discesa, sempre alla ricerca del più piccolo spazio per poter fermare gli sci che altrimenti prenderebbero una velocità impossibile da controllare, scruto il percorso che devo ancora affrontare alla ricerca della soluzione d’insieme migliore, delle azioni che più probabilmente mi possono portare alla fine di questo passaggio, sempre con l’angoscia che un pezzo di ghiaccio possa cedere e trasformare il mio precario equilibrio in una caduta terribile fino in fondo alla vallata.
La pendenza è tremenda, solo allungando una mano posso toccare il fianco della montagna ed in alcuni passaggi il ghiaccio vivo non mi permette di fare presa con le lame degli sci, costringendomi a piantare bene nel terreno le punte delle racchette per creare un appoggio per le lamine che scivolano, il tutto dura pochi minuti, ma sembrano un’eternità.
Poi, finalmente, come era arrivato, in un attimo il pericolo diminuisce fino a diventare il ricordo di un’esperienza rischiosa ma che alla fine mi ha arricchito, mi ha reso protagonista di un passaggio che mai avrei affrontato conoscendo i rischi a cui si è sottoposti.
Ormai non seguo più il sentiero, punto diritto alla meta, ormai stremato, con la sola voglia di arrivare. Sono costretto a numerose soste prima di vedere la vetta e la strada del ritorno, che alla fine, è come una leggera passeggiata verso casa.f1b99ca7261139942ff11ec63bbe9c0d.jpg
Alcuni minuti di discesa dolce verso valle, vedo ricomparire i primi abeti e dopo poco le prime persone, segno che ormai è tutto passato e che non sono più solo in mezzo alla natura, la magia sbiadisce e ritorno ad essere uno tra i tanti, ma consapevole di quanto fragili siano le nostre vite e di cosa sia importante veramente.
Ora riguardando le fotografie, non sembra neppure vero che abbia fatto una cosa del genere, ma oltre al ricordo di quella giornata c’è anche la consapevolezza delle quindici ore di riposo che sono state necessarie per riprendere, come a confermare che tutto ciò non è stato un sogno.
26/01/2008 Ho superato un limite che non avrei mai provato ad affrontare, e sono tornato.
Il limiteultima modifica: 2008-01-28T17:40:00+01:00da nerofazer
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3 pensieri su “Il limite

  1. a parte che il tuo racconto è bellissimo, scritto superbamente.
    ma mi chiedevo: SEI MATTOOOOOOOO???? e poi, scusa, mentre salivi lungo la montagna perchè avevi gli scii ai piedi? non è stato ancora più complicato così? Non so se queste siano domande stupide…se dovrebbe essere scontato che questo percorso debba essere fatto con gli scii. Ma a me, che come tu ben sai sono una WALLERA d.o.c, tutto questo sembra pazzesco!
    Sono felice che tu ce l’abbia fatta, ma la prossima volta, per una questione di sicurezza personale, vai in compagnia. Eccheccazz’
    P.S. mi dispiace dirlo, ma le nostre serate in msn sono esclusivamente femminili…non sia mai che qualche maritino si ingelosisca…eheheeheh

  2. Tesoro mio sottoscrivo in toto ciò che ha scritto la Wallera 6707, hai corso dei bei rischi, ma immagino anche come ora tu abbia acquisito una forza e una consapevolezza che ti hanno temprato. Ti invidio per queste cose che riesci a fare. Si le nostre serate sono Esclusively for Woman anche per il genere di discorsi vietati ai maschi perchè potrebbero urtare la vostra sensibilità…ahahahaha scherzo è solo perchè ci vergognamo, in cam siamo senza trucco spettinate e con i cetrioli sugli zigomi non siamo un bello spettacolo! 😉 ps: Ma hai dei dubbi che il post sia scritto in termini gorliardici? Lo sai che adoro gli uomini anche grazie a te…
    Un bacio Nya

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